Intelligenza Artificiale, emancipazione o schiavitù?

 Intelligenza Artificiale, emancipazione o schiavitù?

Prospettive future tra innovazione e adattamento digitale

di Silvia Pispico

“(…) Ci troviamo nel mezzo di quello che verrà ricordato come il grande balzo storico dell’inizio del terzo millennio. Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana”.  

Con queste parole, il Presidente della Repubblica Sergio Matterella – in occasione del suo discorso augurale di fine anno – ha messo in luce come il processo di digitalizzazione rappresenti sempre più un punto cardine per lo sviluppo sociale e la crescita economica del Paese. 

L’Intelligenza Artificiale, assieme ad altri strumenti digitali inseriti nel mercato (digital enabler) come la cybersecurity, i Big Data e il Cloud, è ormai parte integrante del settore economico Italiano e mondiale. Se da un lato la transizione digitale consente di migliorare la riuscita di molteplici attività umane, velocizzando e ottimizzando i processi e le prestazioni sia produttive sia d’azione – basti pensare che in Italia il mercato dell’Intelligenza Artificiale ha raggiunto nel 2022 una quota di circa 422 milioni di euro (+21,9%), e che tra il 2022 e il 2025 è previsto il raggiungimento di 700 milioni con un tasso di crescita medio annuo del 22% -, dall’altro vi è il rischio di un’insorgenza preponderante di tale aspetto nella vita dell’essere umano, diretta ad una vera e propria sostituzione, nell’ottica di una ‘schiavitù’ o dipendenza digitale.  

Un concetto, questo, riconducibile alla cosiddetta Nomofobia – da ‘no mobile phone phobia’ – o ‘sindrome da disconnessione’, ossia all’incontrollabile paura di essere emarginati, sconnessi dal vasto universo delle reti di comunicazione e telefonia mobile. Uscire senza il proprio smartphone, o ritrovarsi in un luogo scoperto dalla rete, sviluppa un profondo senso d’angoscia e ansia per l’essere irraggiungibili o per non poter comunicare in alcun modo. L’equivalente della FOMO – Fear Of Missing Out – che si verifica nel mondo reale. Si tratta indubbiamente di una forma di dipendenza figlia del nostro secolo, la quale può far insorgere problematiche fisiche e di tipo psico-sociale, arrivando pericolosamente a minare la salute mentale degli individui. 

Secondo i dati di Trendhunter, il 66% della popolazione mondiale mostrerebbe segni da lievi a gravi di Nomofobia, percentuale destinata a crescere al passo del maggior accesso ai devices, mentre le fonti ISTAT attestano che in Italia 9 persone su 10 usano il cellulare per navigare sul web.  

Oltre a ciò, risulta significativo evidenziare una forte disparità di trattamento legata alla tecnologia stessa poiché, ad esempio, accessibile soltanto a quella fascia di società che ne ha le facoltà economiche. Tale disparità e disuguaglianza tecnologica – digital divide – provoca la conseguente formazione della figura dell’ ‘emarginato digitale’.  

Si può parlare di studenti che guardano al nuovo costoso cellulare del compagno di classe, fino alla questione della disomogenea copertura di rete a livello nazionale, la quale penalizza le zone d’Italia più isolate e rurali. O ancora, l’accesso al Metaverso, una forma di tecnologia altamente sviluppata ma non fruibile ai molti.

Le parole chiave fondanti questa transizione digitale dovrebbero dunque essere ‘equilibrio’ ed ‘integrazione’, al fine di mantenere la rivoluzione in atto sempre più umana e non totalizzante dal punto di vista tecnologico. L’uomo è essere creativo, soggetto all’errore – caratteristica che può rivelarsi un valore aggiunto -, e immaginare un mondo dove l’inventiva umana non sia presente è uno degli scenari più drammatici che possano prospettarsi per il futuro mondiale. 

Anche il versante legislativo sta facendo la sua parte, dato che a dicembre 2023 è stato approvato l’AI Act – prevedibilmente attivo da questa primavera -, il primo regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale che stabilisce usi per la trasparenza, divieti ed obblighi da adottare sul mercato europeo, nonché il Summit organizzato nel Regno Unito riguardante i potenziali rischi connessi all’universo tecnologico. Un futuro smart, veloce ed innovativo, ma pur sempre sostenibile e umanamente consapevole di se stesso, che possa dare spazio ad una sorta di rinascimento o umanesimo digitale su cui investire il domani del Belpaese.  

Non ultimo, vi è da considerare anche il ruolo che l’AI possiede a livello geopolitico, agendo sui delicati equilibri internazionali e rappresentando un fattore discriminante nel settore bellico – come si è potuto osservare nei recenti scontri in Ucraina e in Medio Oriente -, fonte di profonda preoccupazione e allarme globale. Dalle analisi satellitari per il riconoscimento del bersaglio e la ricognizione geografica, agli algoritmi usati per sviluppare cyber warriors, fino ad arrivare ai cyber attacchi compiuti in Rete, risulta ben chiaro che l’Intelligenza Artificiale, a seconda della sua modalità d’utilizzo, può diventare uno strumento di distruzione o, al contrario, un mezzo propulsorio all’evoluzione verso il futuro. 

Collegata a questo aspetto, ben si presta l’argomentazione del neo Presidente della Commissione sull’Intelligenza Artificiale don Paolo Benanti, rispetto all’algoretica e al pericolo dell’algocrazia, le quali intrattengono uno stretto rapporto tra l’utilizzo degli algoritmi e le questioni etiche. Tale relazione mette in campo tutta una serie di sfaccettature che, nel peggiore dei casi, potrebbero impattare non poco la sfera dell’etica e della morale umana, in un mondo sempre più assoggettato dalle macchine e dalla supremazia tecnologica.  

Non si tratta di sviluppare macchine dotate di senso critico – compito improbabile se non impossibile – bensì di guidare l’uomo stesso in un controllo delle macchine che abbia ben presente la linea di confine tra etica e ‘algocrazia’. Sembra necessario, quindi, un nuovo linguaggio universale che sappia gestire al meglio l’innovazione e le nuove frontiere dell’evoluzione in campo digitale e tecnologico, evitando di provocare conseguenze irreversibili in materia etica. Un’etica, per meglio dire, propriamente tecnologica, inserita e contestualizzata nel momento storico che stiamo vivendo.   

Relativamente a tale questione, il tema della 57ma Giornata Mondiale della Pace – dal titolo ‘Intelligenza artificiale e pace‘ – ha posto in luce l’assoluta importanza relazionale tra essere umano e tecnologie digitali “per evitare usi nocivi al rispetto e alla promozione dei diritti umani”, concetto ripreso dal Presidente Matterella nel suo discorso sopracitato. Uno dei molti temi, questo, che sarà affrontato nel prossimo G7 di giugno 2024, il quale vedrà proprio il nostro Paese alla sua Presidenza. 

L’Italia si trova in prima linea per riuscire a trovare criteri di governance efficace per sfruttare al meglio le potenzialità della tecnologia, senza scordarne i rischi e le criticità bensì ponendo al centro dell’attuale rivoluzione la società civile quale intermediario attivo e punto di passaggio imprescindibile per la tutela di un equilibrio etico, sociale, politico ed economico. 

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