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HR e IA: un nuovo equilibrio per la ricerca e selezione del personale

L’AI accelera i processi, ma il cuore delle decisioni deve restare umano.

L’intelligenza artificiale sta trasformando il mondo delle risorse umane, rendendo i processi di recruiting più rapidi ed efficienti. Ma il ruolo dell’HR – fatto di empatia, giudizio e capacità relazionali – resta centrale e insostituibile.

“L’intelligenza artificiale – afferma Tomaso Mainini, amministratore delegato di Michael Page Italia e Turchia, leader internazionale nella ricerca e selezione specializzata – può semplificare il lavoro di chi si occupa di selezione e gestione delle persone, ma introduce anche nuove complessità che vanno governate con competenza”.

AI e HR: un binomio vincente, ma non privo di sfide. L’adozione dell’AI nei processi di selezione porta con sé vantaggi concreti, ma anche alcune criticità da gestire con attenzione.

Numero di candidature sempre più alto: le piattaforme digitali generano un volume elevato di CV, spesso non in linea con i requisiti. L’intelligenza artificiale può aiutare i responsabili delle assunzioni a smistare questi flussi, a individuare candidati più idonei e a filtrare le discrepanze più evidenti. L’AI può aiutare a mappare i profili, ma solo se ben addestrata e supervisionata.

Necessità di accorciare i tempi: nei mercati più competitivi, i ritardi nelle assunzioni possono significare la perdita dei migliori talenti e in molti casi la velocità è cruciale. L’automazione può accelerare i processi, ma senza il giusto equilibrio rischia di compromettere la qualità delle assunzioni.

Valutazione del potenziale: gli algoritmi sono eccellenti nel trovare determinate parole chiave, ma non riescono a leggere tra le righe e a valutare, con esperienza, i valori di ogni candidato e le motivazioni che lo spingono a valutare nuove opportunità professionali.

Decisioni data-driven: molti responsabili delle risorse umane si aspettano decisioni di assunzione basate sui dati. l’AI fornisce dati e metriche, ma l’interpretazione resta una responsabilità umana.

“Da tutto questo – aggiunge Tomaso Mainini – appare evidente come l’intelligenza artificiale non stia eliminando il ruolo del responsabile delle risorse umane, ma lo stia ridisegnando. I manager non sono più solo decision maker, ma stanno diventando una sorta di direttori d’orchestra capaci di coordinare persone, strumenti e risultati. Ciò significa, in altre parole, saper padroneggiare non solo l’arte del colloquio, ma capire quando fidarsi di un algoritmo e quando ignorarlo, affidandosi alle proprie competenze e alla propria esperienza”.


Integrare l’AI nei processi HR significa scegliere gli strumenti giusti per:

  • migliorare l’esperienza dei candidati;
  • supportare decisioni più informate;
  • liberare tempo per attività ad alto valore aggiunto e tutto ciò che richiede competenze interpersonali, come ad esempio empatia, capacità di giudizio o flessibilità che nessuna macchina potrà mai imparare.

“Nel nuovo scenario del recruiting – conclude Tomaso Mainini – i professionisti HR non dovranno diventare esperti di tecnologia, ma traduttori capaci di trasformare gli obiettivi aziendali in azioni concrete, interpretare i dati generati dall’AI e costruire relazioni autentiche con i candidati. Solo le aziende che sapranno integrare con intelligenza la tecnologia nei propri processi avranno strumenti davvero efficaci per evitare scelte sbagliate. Il settore sta cambiando rapidamente, ma non si tratta di sostituire le persone: si tratta di valorizzarle”.

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