Scatta l’obbligo di verifica dell’età online: Intesa (Kyndryl) fa chiarezza su privacy, sicurezza e futuro digitale. Serve un approccio coordinato tra istituzioni, imprese e cittadini per un futuro digitale davvero sostenibile
Dal 12 novembre 2025 tutte le piattaforme che diffondono contenuti per adulti dovranno adeguarsi alla nuova delibera AGCOM 96/25/CONS, che introduce l’obbligo di verifica effettiva dell’età degli utenti. Addio ai semplici popup con cui si dichiara di essere maggiorenni: l’età dovrà essere accertata da un ente terzo certificato, attraverso il riconoscimento dell’identità digitale.
Una misura necessaria, se si considera che il 94% dei minori italiani tra 8 e 16 anni possiede uno smartphone e che quasi nove su dieci hanno già avuto accesso a contenuti pornografici. Chi non rispetterà la normativa sarà soggetto a sanzioni e oscuramento del sito.
In questo scenario, aziende come Intesa (Gruppo Kyndryl) – specializzata in soluzioni di identità digitale e trust services – sono chiamate a fare chiarezza su come integrare in modo sicuro ed efficace i nuovi sistemi, garantendo al contempo privacy, semplicità d’uso e continuità del servizio.
Il processo di verifica di Age Assurance si sviluppa in due fasi: la prima riguarda l’identificazione dell’utente tramite strumenti ufficiali (come SPID, CIE, passaporto e, in futuro, credenziali eIDAS) gestita da un fornitore terzo certificato che, per legge, non può condividere ulteriori informazioni; segue poi l’autenticazione e la generazione della prova dell’età, garantendo un sistema di doppio anonimato: l’ente certificatore non conosce le finalità del sito, e la piattaforma non può risalire all’identità dell’utente. Le soluzioni proposte da operatori come Intesa sono perfettamente integrabili con i sistemi esistenti e mirano a semplificare l’esperienza d’uso, eliminando passaggi ripetitivi e consentendo in prospettiva l’utilizzo di certificazioni digitali riutilizzabili.
“Sono molti i punti che oggi destano interrogativi rispetto alla delibera AGCOM” – conferma Luca Spina, Chief Business Officer di Intesa del Gruppo Kyndryl – “Possiamo rispondere in breve: questa normativa invade la privacy degli utenti? No. Rende l’accesso complicato o penalizzante per le piattaforme? No. Ma aumenta la sicurezza per i minori? Sì, e in modo significativo. Serve proteggere i più piccoli, e le soluzioni tecnologiche vanno proprio in questa direzione. Ci sono ancora limiti e margini di miglioramento, ma è senza dubbio il primo passo verso un ecosistema digitale europeo più sicuro”.
I minori e internet: progressi e limiti della normativa secondo Intesa (Kyndryl)
La nuova delibera rappresenta un deciso passo avanti nella tutela dei minori, ma restano alcuni limiti strutturali e di contesto.
L’applicazione della norma, per ora ristretta ai siti a luci rosse, dovrebbe essere progressivamente ampliata a piattaforme di gaming, gambling ed e-commerce di alcolici e tabacco, nonché ai social network e sistemi di messaggistica – oggi tra i principali canali di diffusione di contenuti vietati.
Le soluzioni di terze parti come Intesa ID Wallet sono già pronte all’integrazione e potrebbero adattarsi facilmente anche a questi contesti, ma è necessario un impegno concreto da parte delle aziende, al di là dell’obbligo legislativo.
Resta però il rischio che utenti digitalmente esperti possano aggirare i controlli tramite VPN, documenti falsi o immagini modificate con l’intelligenza artificiale, come già accaduto in Francia e in altri Paesi europei. A ciò si aggiunge una certa resistenza culturale e il timore diffuso per la privacy, che rischiano di rallentare l’adozione delle nuove tecnologie, nonostante le forti garanzie offerte dai sistemi di doppio anonimato.
“L’Italia si sta muovendo tra i primi Paesi europei verso un modello strutturato di identità digitale e tutela dei minori, anticipando le logiche di eIDAS2 e del futuro European Digital Identity Wallet. Tuttavia, la tecnologia da sola non basta: serve un coordinamento più integrato tra Agcom, Garante Privacy e Unione Europea, e un forte investimento in educazione digitale e collaborazione pubblico-privato, per costruire un ecosistema di fiducia digitale davvero sostenibile e condiviso” conclude Spina.