IA e ambiente, lotta tra etica e profitto e il destino del mondo è in mano alle big tech
Tutti siamo d’accordo sul fatto che l’intelligenza artificiale sia una innovazione in grado di rivoluzionare le nostre vite, ma in pochi hanno la consapevolezza del prezzo che il suo attuale utilizzo stia determinando in termini di impatto ambientale. L’industria dell’IA, infatti, sta alimentando una crescita esponenziale di data center in tutto il mondo per la sempre maggiore necessità di energia, sollevando numerosi interrogativi in termini di sostenibilità ambientale. In pratica, la domanda energetica dell’IA sta crescendo più velocemente della capacità di produrre energia pulita.
Secondo “The Speedrun AI”, collettivo di esperti nel campo dell’intelligenza artificiale, i data center per l’IA consumano una quantità di energia paragonabile a quella di intere città, mentre una ricerca alimentata da ChatGPT consuma quasi 10 volte l’elettricità di una analisi fatta su Google. Inoltre, nel resto del mondo, l’utilizzo sempre più frequente dell’IA sta portando alla riapertura di centrali a carbone e al rinvio della loro chiusura. Negli Usa, nello stato dello Utah, la chiusura di centrali a carbone è stata posticipata di un decennio per soddisfare la domanda di energia dei data center. In Georgia, invece, l’espansione dei data center ha portato all’approvazione di un aumento dell’uso di combustibili fossili. A Omaha è stata rinviata al 2026 la chiusura di una centrale a carbone che doveva cessare ogni attività nel 2022.
Qual è, in questo scenario, la risposta delle big tech, le grandi aziende del settore? Si sta andando verso tre direzioni energetiche, anche se “con scarse probabilità di successo nel breve termine”, spiegano da The Speedrun AI. Il primo scenario è quello della fusione nucleare, verso cui Microsoft e OpenAI stanno investendo miliardi, promettendo risultati entro il 2028. Altra strada è quella di utilizzare piccoli reattori nucleari in grado di alimentare singoli data center. Infine, c’è l’opzione dell’impiego dell’energia geotermica avanzata, attraverso tentativi di sfruttare il calore terrestre perforando a 3000 metri di profondità. In questo modo, tutte le promesse dei big tech di passare all’energia pulita entro il 2030 cadranno nel vuoto.
Dunque, in questa fase di profonda innovazione e di nuova “corsa all’oro” occorrerebbe ragionare puntando ad un equilibrio tra necessità di crescita e rispetto dell’ambiente, a maggior ragione pensando ai danni che il cambiamento climatico sta causando alla nostra civiltà. Resta questo interrogativo: i governi e le big tech faranno scelte etiche o punteranno, anche questa volta, solo al profitto?