Formazione a distanza: sicuri che basti un video per apprendere?

 Formazione a distanza: sicuri che basti un video per apprendere?

Dario Nuzzo, autore televisivo, punta a cambiare il mondo della formazione a distanza

FAD, tutorial, webinar, videoconferenze: apprendere tramite i video è un fatto ormai usuale, ancor più dopo la pandemia. Molti sono i vantaggi conclamati del video-teaching, come l’accessibilità e la flessibilità; si può fruire online, ovunque, in qualunque momento, da qualunque dispositivo, mandando avanti, indietro, a passo ridotto o mettendo in pausa secondo necessità. 

Tutto perfetto? Non proprio. I limiti di questo tipo di apprendimento riguardano alcuni aspetti che spesso vengono considerati secondari, come la noia, la mancanza di empatia o di interattività con i protagonisti del video, docenti o testimonial che siano.

Formazione a distanza

L’errore che si commette – spiega Dario Nuzzo, autore televisivo, branded contet specialist e giornalista – è quello di pensare ai destinatari della formazione come a dei tecnici, a professionisti o a svogliati pazienti che assolvono per dovere un compito, magari controvoglia. Ogni target, però, è fatto di esseri umani, con un corollario di sensazioni, di desideri, di abitudini o di background sociali/culturali che, inevitabilmente, caratterizzano e definiscono ciascuno di noi. Secondo un’indagine sociologica condotta qualche anno fa, ad esempio, per gli anglosassoni, l’humor nero era, almeno in passato, il mood più efficace, il si fa così lo era per i tedeschi, mentre gli italiani rispondevano meglio se i comportamenti corretti erano conditi dal gioco e dal divertimento. E queste differenze di target, per forza di cose, devono essere tenute in grande considerazione se si vogliono creare percorsi di formazione davvero efficaci”. 

Cambiare il mondo della formazione a distanza è la vera sfida del futuro. Grazie all’esperienza maturata in Mediaset come autore, Dario Nuzzo ha iniziato a proporre – tramite agenzie pubblicitarie specializzate – campagne di sensibilizzazione basate su format mutuati proprio dall’entertainment televisivo, in cui plot e ambientazioni si integrano con gli argomenti definiti a monte dai board scientifici. I comportamenti giusti e quelli sbagliati non sono più veicolati “ipse dixit” come nelle tipiche campagne di sensibilizzazione, ma emergono da fiction e reality in cui lo spettatore-paziente può riconoscersi, rivedersi nel quotidiano ed elaborare la propria strategia salvifica. A questo si aggiungono, poi, anche consigli degli specialisti che vengono veicolati tramite inserti e interviste ad hoc, diversificate nei contenuti per adattarsi a seconda del target (medici, stakeholder, pazienti o caregiver). 

Sono nate e continuano a nascere così, una dopo l’altra, campagne educazionali con il contributo non condizionato di importanti case farmaceutiche per patologie anche gravi (come l’ipertensione e l’ipertiroidismo) o difficili da trattare (come le dermatiti atopiche e la prostatite) fruibili però da un pubblico ampio, come si può dedurre dal fatto che sono entrate nell’offerta home entertainment di Prime e Spotify. 

Noia, mancanza di empatia e mancanza di interazione con i protagonisti – che rappresentano, da sempre, i limiti dell’apprendimento tramite video – sono problemi del passato, superati dalla scrittura secondo i tempi e i criteri televisivi e dalla possibilità di rendere interattive le storie, lasciando allo spettatore la possibilità di modificare la situazione in relazione alle proprie risposte. Non sono più un fatto teorico le conseguenze di una propria azione o di un consiglio: si guardano! 

Probabilmente – aggiunge Dario Nuzzo – sarà un lavoro lungo, come è stato quello per affermare sul mercato il Format di audiovisivi Medicom poiché le innovazioni in certi settori avvengono per gradi, ma sono convinto che nel mondo dei provider o delle stesse case farmaceutiche c’è già chi vuole dare una marcia in più alle proprie attività di formazione. I numeri sono dalla nostra parte: in generale, le probabilità che qualcuno guardi un video piuttosto che leggere un documento sullo stesso argomento sono maggiori del 75%, con un ricordo di concetti e dettagli maggiore fino all’85% dopo soli sei mesi”. 

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