Il settore delle telecomunicazioni in Italia: stato dell’arte e scenari futuri
di Silvia Pispico
La comunicazione è da sempre uno dei pilastri fondamentali dello sviluppo umano. Comunicare è la quintessenza della socialità e il vettore con il quale far “camminare” le nostre idee, base di partenza per qualsiasi progetto e per lo sviluppo.
Nel 2023, in un palcoscenico internazionale sempre più instabile e competitivo, la comunicazione – branca della socialità – riveste un ruolo ancor più importante che in passato, fondendo il proprio ruolo tradizionale con le grandi innovazioni tecnologiche dei nostri tempi. E se comunicare in un contesto geopolitico complesso diventa sempre più cruciale – basti pensare alla guerra in Ucraina e al conflitto in Medio Oriente – queste stesse complessità si riverberano nell’implementazione delle reti e delle infrastrutture delle telecomunicazioni.
In questo breve scritto, si cercherà di fornire uno spaccato “divulgativo” del settore delle telecomunicazioni nell’Italia del 2023, provando a disegnare i trend di sviluppo e i possibili sbocchi futuri tra sfide e (grandi) opportunità.
Gli investimenti nelle telecomunicazioni in Italia nel 2024
Nel corso del 2023, in Italia, così come in gran parte del mondo Occidentale, gli impatti geopolitici derivati dall’instabilità negli scenari dell’Europa orientale, del Medio Oriente e, in parte, nel Sahel, hanno continuato a deprimere la ripresa post-pandemica, generando incertezze e rinnovando i timori relativi alla fornitura di energia.
Nonostante alcuni rischi energetici siano stati mitigati dalla campagna di differenziazione delle forniture energetiche, il 2023 ha visto ancora tassi di inflazione piuttosto elevati – sebbene in diminuzione – e ulteriori aumenti dei tassi di riferimento delle Banche centrali. Dinamiche, queste, che hanno rallentato l’economia: secondo il Centro Studi di Confindustria, nel 2024 le stime di crescita del PIL dello 0,5% denotano un proseguimento del periodo di semi-stagnazione economica. Nel mondo delle telecomunicazioni, ciò comporta una più complessa programmazione degli investimenti infrastrutturali e tecnologici, cruciali per un settore che fa dell’innovazione il suo più grande motore.
Nonostante il contributo benefico del PNRR, il nostro Paese deve anche tener conto del pesante fardello del debito, un freno endogeno agli investimenti del settore telecomunicativo che, secondo le stime di Assotelecomunicazioni, contribuirà a causarne una contrazione del -0,1% nel prossimo anno. Nell’ottica della futura industria 5.0, tali investimenti rappresentano un elemento fondamentale e necessario alla transizione digitale – ma anche ambientale – del quale il settore telcom riveste il ruolo da protagonista.
Le telecomunicazioni nel nostro Paese possono, inoltre, fungere da prezioso volano per un’altra sentitissima “transizione” sociale, ovvero il divario territoriale, specialmente tra Nord e Mezzogiorno, in particolare per ciò che riguarda la dotazione di servizi a banda larga e il miglioramento della qualità delle connessioni. Infrastrutture base che forniscono quegli strumenti che fertilizzano tutta la catena del valore economico del Paese, migliorandone la competitività a livello globale e, soprattutto, la coesione territoriale. Quest’ultima, in particolare, è una sfida da non perdere.
Una “quarta rivoluzione” industriale: la digitalizzazione e i trend industriali dell’Italia delle telecomunicazioni
Come fin qui detto, con l’avvento dei paradigmi dell’industria 5.0 e delle varie transizioni in atto, il settore delle telecomunicazioni muta e si evolve come l’economia nel suo complesso. I forti processi di digitalizzazione, di cui il settore telcom rappresenta un cardine imprescindibile, provocheranno nei prossimi decenni dei cambiamenti radicali nei nostri modi di vivere, pensare e lavorare. Un cambio di marcia che, forse, ritrova un analogo potente punto di rottura col passato nella “terza rivoluzione industriale”: ecco perché definirla come quarta è del tutto corretto.
Le nuove strategie di business e di politica industriale, per poter divenire realtà, hanno bisogno alla base di un robusto settore delle telecomunicazioni quale vero e proprio abilitatore della transizione digitale, e della sua struttura a rete capace di mettere in relazione pubblico e privato – dalla manifattura all’amministrazione – creando quelle sinergie che permettono di sfruttare al meglio, nel segno dell’efficienza, i dati che essi raccolgono, analizzano e sviluppano. Proprio questo sforzo simbiotico riesce a sfruttare al meglio l’enorme mole di Big data, riducendo il costoso spreco dei dark data, ovvero le informazioni raccolte e non utilizzate.
Il dato, l’unità di misura imprescindibile per ogni cambiamento, è proprio alla base, come in un circolo virtuoso, di quella stessa connettività che renderà realtà lo sviluppo di nuovi mercati e nuovi fonti di produzione, sviluppo e ricchezza.
Nei prossimi anni, il nostro Paese dovrà rendersi protagonista nello sviluppo di questi nuovi fori di scambio immateriali, dove servizi e merci saranno scambiati. Un nuovo modello economico dove la socialità viene declinata seguendo le nuove tecnologie, amplificandola piuttosto che mortificandola.
Il mondo delle telecomunicazioni vede il suo contributo specialmente in quattro aree: Cloud hosting, Cybersecurity, Data Analytics e servizi industriali in 5G. La coniugazione di questi quattro pilastri renderà possibile la commercializzazione di nuovi servizi digitali, molti dei quali ancora nemmeno immaginabili e ipotizzabili.
Nuovi paradigmi comportano anche nuove “regole del gioco”: per quanto riguarda la cibersecurity, ad esempio, con l’aumento del cibercrime, crescono anche le regolamentazioni in merito – come ad esempio il futuro Cover Resilient Act. Nuove competenze che per prime genereranno nuovi mercati a cascata competitivi, con player globali e locali, e con competenze adiacenti a quelle delle telecomunicazioni pure. Un esempio concreto, questo, di sfida che genera nuove opportunità, nella fattispecie di nuovi lavori e nuovi bisogni.
Tornando all’importanza dei Big Data, miniera di informazioni e vero “oro” del futuro, non possiamo non pensare al necessario hosting di informazioni nel Cloud, classico esempio di infrastruttura digitale, e dei data center – nodi fisici più tradizionali che fungono da gestori dei dati entro un dato confine. In Italia, Membro dell’UE, quest’ultimo fattore risulta particolarmente importante alla luce della normativa sulla gestione dei dati.
In ultima battuta, il settore telcom dovrà continuare coordinare questi nuovi input, gestendo quella rete che mantiene coerente sforzi che altrimenti rischierebbero di procedere caoticamente. Al tempo stesso, grazie ai dati che possiede, potrà meglio svolgere quel ruolo di coordinamento necessario a governare cambiamenti radicali così rapidi; il rapido sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale renderanno ancora più repentine – e in parte meno prevedibili – le dinamiche finora analizzate.
Tassello fondamentale, fin qui non citato, è quello del capitale umano e della sua competitività. Il mondo delle telecomunicazioni, e tutta l’industria nazionale, avranno bisogno di formare ed assorbire profili altamente specializzati, ad oggi difficilmente rintracciabili. Formare nuove capacità, quali l’operare con i big data, la programmazione e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e il destreggiarsi nello spinoso mondo della cibersecurity, aprirà la strada a quei nuovi campi d’operazione che le imprese e la Pubblica Amministrazione, per rimanere competitive nel mercato digitale del futuro, non potranno ignorare.
Trascurare queste dinamiche non rappresenterà solo un impoverimento per i giovani del Paese, ma rappresenterà uno svantaggio per una nazione che, come l’Italia, compete nel mercato mondiale.
Il mondo delle Telecomunicazioni dovrà quindi lavorare insieme alle istituzioni e agli altri stakeholder, aziende ed università, promuovendo operazioni di collegamento e collaborazioni a beneficio dell’intero Sistema Paese: una vera e propria “Alleanza digitale”.
Il lavoro e la cura del Capitale Umano nel Settore Telcom in Italia
Capire il contesto lavorativo entro il quale apportare l’alleanza digitale di cui poc’anzi significa comprendere lo stato dell’arte dal quale sviluppare quei nuovi modelli economici figli della transizione digitale. E capire significa poter agire per colmare le lacune e correggere le imperfezioni di un settore sempre più centrale per l’economia del Paese.
Secondo il report stilato da ASSTEL lo scorso novembre, il mondo delle telecomunicazioni in Italia ha assistito, in campo lavorativo, ad una diminuzione dei contratti, legati principalmente a ristrutturazioni e riorganizzazioni aziendali dovute alla fine della crisi pandemica. Una diminuzione di personale che, tuttavia, non fa eco ad una diminuzione dell’età anagrafica, laddove quest’ultima che continua ad essere elevata con dipendenti al di sotto dei 40 anni passati dal 28 al 23% rispetto al triennio precedente.
Questo basso turnover, inoltre, rende ancora più contingente il potenziamento e l’ampliamento delle competenze dei lavoratori, non potendo contare su nuovi innesti formati sulle tecnologie più recenti. A tal proposito, l’alleanza con le università dimostra tutta la sua fondamentale importanza, con l’assorbimento di nuove figure che diventa sempre più urgente.
In confronto al trend europeo, infatti, secondo i dati DESI 2023, l’Italia si ritrova maggiormente penalizzata su questo tema, retrocedendo di varie posizioni rispetto ad altri Paesi europei, pagando costi formativi sempre più salati.
Le aree di intervento per la trasformazione del settore del lavoro telcom possono quindi essere riassunte in quattro filoni: il miglioramento delle competenze e skills in ambito digitale –upskilling e reskiling– di cui si è parlato poc’anzi, il potenziamento dello smart working, capace di coniugare efficienza e flessibilità – dinamiche fondamentali in un mondo digitalizzato, la valorizzazione di diversità ed equità delle imprese, e il superamento del gap tra domanda e offerta per le professioni altamente qualificate.
In questo panorama, Asstel prevede che da oggi al 2025 si formeranno in media oltre 100mila dipendenti all’anno per la filiera in questione, prova tangibile dell’estremo bisogno di personale da inserire nel settore delle telecomunicazioni, e quindi del futuro imminente, per meglio dire già arrivato.
Da rimarcare, inoltre, rispetto a questa tematica, il contingente fenomeno della “fuga di cervelli d’oro” dal nostro Paese, una perdita di capitale umano che ha già, e continua, ad influire pesantemente in molti dei comparti economici ad alto valore aggiunto – tra cui le telecomunicazioni. Un fenomeno dannoso a scapito della catena del valore italiana, la quale a causa della mancanza di sufficienti investimenti – specie di provenienza nostrana – è stata ‘obbligata’ a rivolgersi altrove, alla ricerca di profili provenienti da Paesi dove l’offerta si presentava più vantaggiosa in termini economici, ma non obbligatoriamente allo stesso livello formativo.
Ultimo, ma non ultimo, da rimarcare il necessario incremento di investimenti sul personale endogeni al nostro sistema economico, e non solamente provenienti da altre nazioni, pena il rischio di vedere profili italiani istruiti all’interno della rete formativa nazionale e, successivamente, produttivi all’estero.
In questo scenario, è indubbio che l’industria del Belpaese debba impegnarsi nel riuscire a garantire un Made in Italy che sia tale, ovvero integralmente di fattezza italiana, dal personale ai fondi dispensati. Un investimento economico-qualitativo che non può che generare notevoli profili di benessere economico e sociali entro i nostri confini, accrescendo la competitività nazionale nei confronti dei mercati esteri
A conclusione di ciò, nel complesso mercato globalizzato e iperconnesso, l’Italia ha la doverosa missione di stare al passo dell’innovazione e non perdere di vista il focus fondamentale dell’avvenire, basato sulla costante innovazione, digitalizzazione e sviluppo che sia di facile trasmissione, così da rendere le telecomunicazioni non solo un valido alleato nella sfera economica globale, ma anche un potente mezzo a servizio dell’evoluzione del genere umano.