Il futuro dei social media? Algoritmi sempre più penalizzanti

 Il futuro dei social media? Algoritmi sempre più penalizzanti

Da quando sono nati i social si sono sempre rincorsi per attirare più utenti, per spingerli a postare, reagire, commentare, insomma interagire con gli altri. Contestualmente abbiamo visto, in questi anni di utilizzo dei social, delle migrazioni di massa degli utenti per fascia d’età. Ragazzi che visto l’approdo dei genitori su Facebook, si erano spostati su altre piattaforme decretandone il successo temporaneo, come il caso di Snapchat o, più di recente, il boom di TikTok che è diventato il social di riferimento per i giovani ma che sta attirando a sè sempre più utenti di tutte le età.

Meta, la compagnia di Mark Elliot Zuckerberg, sta da sempre, cercando di tenere all’interno della propria bolla i suoi utenti attraverso l’implementazione di nuovi servizi che estendono il concetto puro di social media partendo dal lontano 2007 quando timidamente Facebook ha introdotto il Marketplace che, negli anni, è diventato un riferimento e che consente agli utenti di inserire gratuitamente annunci visibili solo all’interno della piattaforma, passando per Dating che ti permette di trovare l’anima gemella arrivando a Meta Quest e i dispositivi che Meta sta realizzando per permettere esperienze virtuali nel Metaverso (ancora non pervenuto).

Anche Instagram negli anni è cambiato profondamente. Il social della fotografia, appellativo utilizzato per definirlo fino a qualche tempo fa, ora non potrà più essere utilizzato visto che le foto sono diventate il fanalino di coda per una piattaforma che, negli ultimi anni, ha avuto un’escalation pazzesca ma che deve fare i conti con un temibile avversario, TikTok che sta erodendo il suo bacino di utenti. Così Meta, per correre ai ripari, ha iniziato a snaturare la sua piattaforma modificandone le funzioni e spingendo gli utenti ad utilizzare sempre di più i brevi video per cercare di arginare quell’emorragia di utenti verso il social cinese. Abbiamo visto in questi anni l’introduzione delle stories fino all’arrivo dei reels, brevi video molto simili al funzionamento di TikTok. Queste costanti modifiche hanno raggiunto l’apice proprio negli ultimi mesi andando ad introdurre alcune funzionalità che hanno scatenato l’ira dei creator e degli influencer più famosi che pubblicamente hanno espresso il loro dissenso lanciando anche una petizione su Change.org con 200 mila firme e costringendo Instagram a rimettere nel cassetto le nuove funzionalità.

Ma vediamo come sono cambiati gli algoritmi in questi ultimi anni partendo dalla recente dichiarazione di Zuckerberg che annuncia che il feed di Facebook, entro la fine del 2023, sarà popolato per un 30% da post e account consigliati che non appartengono in maniera diretta alla nostra rete. Chi frequenta i social si sta accorgendo, sempre di più, che l’Organic Reach, la portata organica che rappresenta il numero di persone raggiunte da un determinato contenuto in modo naturale, senza avvalersi di inserzioni a pagamento, è sempre più esile. Da Facebook a Instgram per arrivare a TikTok i post organici hanno sempre meno spazio con qualche breve eccezione temporanea come per i reel di Instagram dove l’algoritmo è più morbido e permette un raggiungimento organico più ampio proprio per invogliare gli utenti a rimanere sulla piattaforma e contrastare l’avanzata di altri competitor.

La regola fondamentale rimane la stessa per tutte le piattaforme, più il contenuto di un post è interessante e cattura l’attenzione degli utenti, più verrà messo in evidenza. Ma la fatica che si fa per costruire contenuti utili, interessanti e di valore non viene quasi mai ripagata dalla portata organica che quel contenuto genera. I social non hanno mai scelto di differenziare gli algoritmi in base alla natura dei canali presenti, una Pubblica Amministrazione o un Onlus vengono trattati alla stessa stregua di un’azienda che pubblicizza prodotti o servizi. I social quindi non discriminano un account da un altro in una sorta di social-democrazia che però penalizza chi utilizza le piattaforme per informare e fornire servizi senza fini di lucro.

In ultima analisi potremmo dire che l’evoluzione delle piattaforme social e degli algoritmi si dirige nella direzione in cui gli utenti hanno sempre meno controllo sui contenuti presenti nei loro feed e fanno sempre più fatica a promuovere i propri contenuti. Un’evoluzione che segue le logiche della competizione tra i colossi dei social media a scapito, alle volte, degli utenti che ottengono sempre meno voce e visibilità costretti a sgomitare per qualche like in più.

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