Investire su qualità e gestione del dato per la ripresa economica del Paese

 Investire su qualità e gestione del dato per la ripresa economica del Paese

A cura di Teresa Roma, Business Line Manager di Kirey Group

Negli ultimi anni, banche e assicurazioni hanno investito molto nella qualità e nella governance del dato, affrontando questo tema con completezza, spesso sulla spinta di nuove normative e regolamenti di settore. Oggi queste realtà, e non solo, sono chiamate a compiere un passaggio ulteriore e dimostrare di avere una reale e concreta padronanza dei dati. 

La data governance, infatti, ormai permea tutti i processi aziendali e la rilevanza della qualità del dato è divenuta trasversale ai diversi settori di mercato. Nel mondo delle energie, ad esempio, nuove realtà emergenti dedicate alla compravendita si trovano ad affrontare una doppia esigenza: da una parte riuscire a fornire ai regolatori dei dati di bilancio che non siano solo certificati ma possiedano anche un livello discreto di qualità, ovvero siano veritieri, e dall’altra, fare coesistere, in un’ottica di tutela e centralità del cliente, anagrafiche spesso discordanti perché non gestite centralmente in passato.

La trasformazione della Pubblica Amministrazione

Un ulteriore settore che nei prossimi mesi dovrà necessariamente investire sulla qualità del dato è la Pubblica Amministrazione, che, affrontando l’inevitabile passaggio al digitale, si troverà sempre più a confrontare e analizzare dati provenienti da fonti eterogenee. 

Lo dimostra quanto accaduto proprio durante l’emergenza Covid, rispetto alla raccolta e comunicazione dei numeri dei soggetti positivi e ricoverati, dove criteri non condivisi e le modalità diverse di raccolta e trasmissione dei dati sanitari hanno ostacolato i processi decisionali e la rapidità e differenziazione negli interventi.

A essere oggi in primo piano è quindi la necessità di fornire una misura oggettiva del dato trattato e anche, molto importante, del livello di certificazione dell’intero processo.

Molti dati, infatti, vengono raccolti e analizzati a livello regionale ma l’esigenza, anche a fronte dei piani di ripresa, di certificare il dato e, soprattutto, il processo legato alla sua acquisizione non può essere più sottovalutata: quello che sarà necessario se si vorrà davvero attuare la trasformazione del settore pubblico è puntare alla promozione di una vera e propria cultura del dato a tutti i livelli dell’amministrazione.

In un momento fondamentale per il nostro Paese, dove la scelta dell’Europa è chiara in termini di rigore e certificazione rispetto al Recovery Fund, non possiamo permetterci di perdere questa opportunità e i riflettori sono puntati ancora una volta sul mondo digitale e sul dato. 

La Pubblica Amministrazione sarà necessariamente coinvolta e dovrà, anche in questo caso, fare coesistere dati provenienti da fonti e regioni diverse offrendo dati e processi definiti e certificati.

Investire su qualità e gestione del dato

Horizon Europe e i principi FAIR 

La scelta delle metriche ancora una volta sarà fondamentale per procedere alla misurazione del livello della qualità del dato. Oggi sono molti gli standard che consentono di definire una misurazione della qualità dei dati: oltre ai principi definiti dal DAMA, ad esempio, lo standard ISO-25012 che suggerisce ulteriori metriche, distinguendole tra caratteristiche inerenti al dato e caratteristiche dipendenti dal sistema.

Di importanza sempre crescente è anche il rispetto principi FAIR, coniati da alcuni anni ma tornati in primo piano negli ultimi mesi, e utilizzati nell’ottica di offrire dati ricercabili nella propria interezza, accessibili, interoperabili tra i diversi sistemi e i diversi attori che devono poter accedere, e riutilizzabili per finalità accademiche, didattiche e non solo.

Nei prossimi sette anni, il gigantesco programma di investimenti in ricerca dell’Unione Europea distribuirà una cifra record di 95,5 miliardi di euro a progetti scientifici di base e collaborazioni di ricerca che saranno condotti da decine di migliaia di ricercatori nei 27 Stati membri e più di una dozzina di altri Paesi. E non a caso, in Horizon Europe (2021-2027), il nuovo programma quadro europeo per la Ricerca e l’Innovazione varato a dicembre 2020, nel quale si punta molto sul rafforzamento dell’impegno verso la Open Science e la capacità di promuovere e incoraggiare la reciprocità nella scienza aperta, viene fortemente raccomandata proprio l’adesione ai principi FAIR nella gestione dei dati della ricerca.

L’esigenza comune è quella di affrontare la ripresa in modo pragmatico: tutti, infatti, dovranno in qualche modo fornire dati certificati in termini di qualità perché la digitalizzazione stessa non può avvenire senza che si abbia la certezza dei dati che vengono trattati, l’intero processo infatti risulterebbe incoerente.

Guardando al futuro, credo che sarà proprio tale approccio concreto capace di portare fin da subito risposte e valore, a essere premiato e permettere ancora una volta alle aziende pubbliche e private di innovare e affrontare con successo la ripresa. Tale esigenza non dovrà necessariamente andare a sconvolgere l’assetto dell’azienda, ma supportare e accompagnare la trasformazione di quelle parti dell’organizzazione che dovranno necessariamente garantire dati di qualità.

La condivisione sarà uno degli aspetti sui quali bisognerà molto lavorare perché da sempre il dato porta con sé un valore importante, l’informazione, senza la quale non è possibile prendere decisioni. Quello di cui la nostra comunità oggi ha bisogno è sicuramente una sempre maggiore diffusione e sfruttamento dei risultati di R&I e sostegno all’impegno attivo della società, un processo che passa dalla qualità dei dati della ricerca, risorse preziose da condividere e da rendere accessibili e riproducibili, ovvero efficacemente riutilizzabili. 

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