Jago, il “Social Artist” amato dalla generazione Z

 Jago, il “Social Artist” amato dalla generazione Z

Usare il digitale per condividere con i giovani la propria energia creativa sovvertendo il modello classico di fruizione dell’arte in Italia. È il carattere distintivo di Jago, lo scultore italiano amato dalla generazione Z e conosciuto a livello internazionale come “The Social Artist”.

Si è scritto molto dell’ “effetto Ferragni” sul boom di visite alla Galleria degli Uffizi a Firenze, dei post su Instagram e dei video su Tik Tok; delle diverse collaborazioni museali con Wikipedia Foundation e Google Arts & Culture, di archivi online e di tour virtuali, persino nel Metaverso. Con l’arrivo sulla scena di Jago, il binomio arte e social cambia ancora forma: l’artista diventa l’influencer di se stesso e decide autonomamente i tempi e i modi di condivisione della propria opera che plasma assieme al suo pubblico. Una scelta stilistica che ha generato un dibattito tra gli addetti ai lavori e al contempo un crescente interesse tra gli esperti della comunicazione digital.

Jago @ Dirk Vogel

Per chi ancora non lo conoscesse Jago, all’anagrafe Jacopo Cardillo, è uno scultore classe 1987, originario di Frosinone, che in pochi anni ha ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali grazie al talento creativo e ad una rara abilità comunicativa. È un uomo del nostro tempo, come lui stesso si definisce, e come tale maneggia sapientemente i social network per far conoscere al grande pubblico la sua arte. Attraverso le dirette streaming e una proficua documentazione foto e video, Jago racconta il processo inventivo di ogni sua opera coinvolgendo empaticamente i suoi follower su ogni singolo passaggio esecutivo. Nelle sue opere utilizza anche elementi tragici in un costante gioco di rimandi, con una visione sempre tesa alle tematiche del presente, suscitando provocatoriamente negli spettatori riflessioni sullo stato dei nostri tempi.

I suoi account social contano numeri da rockstar: 746mila follower su Instagram, 303mila su Facebook, 46mila su Tiktok, persone che restano incollate allo schermo ad ogni sua diretta social e alle quali riesce a trasmettere l’amore per l’arte con un linguaggio classico ma veicolato attraverso i loro stessi canali di comunicazione. Un pubblico vasto che adesso ha l’occasione di poter ammirare dal vivo le sue creazioni a Palazzo Bonaparte a Roma nella prima mostra a lui dedicata, JAGO The Exhibition. Si tratta di una serie di opere realizzate dall’artista fino ad oggi: dai sassi di fiume scolpiti alle sculture monumentali di più recente realizzazione, come Figlio Velat e Pietà, fino alle creazioni meno recenti quali il ritratto di Papa Benedetto XVI.

Jago rappresenta l’emblema dell’artista contemporaneo che si affida solo a sé stesso senza mediazioni, assumendosi per intero il compito di dialogare con il mondo e la sua community. Attraverso le sue opere fornisce al pubblico una lettura personale della storia, utilizzando un materiale nobile tipico della tradizione artistica italiana come il marmo e procedimenti esecutivi classici, dal disegno al modello, dal bozzetto d’argilla al calco in gesso. “Sarebbe difficile non considerare Jago un fenomeno” ha dichiarato il critico d’arte Vittorio Sgarbi, suo estimatore, che lo ha lanciato in occasione della Biennale di Venezia nel 2011. Qui, a soli 24 anni, Jago ha esordito con “Habemus Hominem”: l’opera mediaticamente più conosciuta che rappresenta la nudità di Papa Benedetto XVI, frutto di un lavoro di radicale spoliazione degli abiti talari.

JAGO The Exhibition è una mostra nella quale, citando la curatrice Maria Teresa Benedetti, “si può essere sedotti dai nuovi linguaggi ampiamente adottati nella pratica artistica contemporanea, avvertire l’innegabile appeal della digital life, ma si può anche intuire la necessità di non escludere la storia, custode di valori che arricchiscono il nostro presente, pure così dirompentemente diverso”. Tradizione artistica e modernità digital dunque, un connubio che prende forma negli anni della sua formazione: Jago, abbandonata l’accademia di Belle Arti che frequentava, ha deciso di seguire le proprie regole, cominciando presto a viaggiare e a farsi conoscere attraverso i social network in Italia e all’estero. Un cambio di prospettiva nel modo di pensare e realizzare le opere d’arte passando da una dimensione classica tradizionale rappresentata dalle Accademie e dai Musei, luoghi d’arte per eccellenza, ad una eterea, libera e democratica, come è internet. 

Se critici ed esperti d’arte dibattono sulle sue capacità tecniche, per gli osservatori della comunicazione digital l’interrogativo è uno: con Jago si può dire esaurito il ruolo di Accademie e luoghi d’arte? 

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