Perché la gente su Internet non legge?

 Perché la gente su Internet non legge?

Alzi la mano chi non si è sorpreso, partecipando ad una conversazione legata ad un articolo pubblicato su Facebook, dei commenti pubblicati da utenti che evidentemente non l’avevano letto: non è un caso che Twitter e WhatsApp, ad esempio, consapevoli di questo limite, abbiano introdotto la funzionalità che impedisce di inoltrare un link se prima non lo si è aperto. Allo stesso modo desta una certa curiosità la scelta da parte di molti editori – da Will a Torcha, da TPI a realtà più tradizionali, di avvalersi copiosamente, soprattutto su Instagram, di immagini e dati curiosi per attrarre l’attenzione e così favorire la lettura del post. Perché la gente, su Internet, non legge?

Di fronte a queste due particolarità dell’informazione di oggi, causate dalla centralità che hanno conquistato i social media e gli instant messenger nella dieta mediatica contemporanea, giova però ricordare il fatto che già molti anni fa lo studioso di usabilità Jacob Nielsen, dopo aver condotto approfondite analisi empiriche sui modi con i quali le persone leggessero online, era giunto alle stesse conclusioni: leggiamo, su un dispositivo retro-illuminato come un PC o un cellulare, come se fossimo di fronte ad un quadro, non come se avessimo davanti un libro o un giornale. Anziché scorrere, dall’alto in basso e da sinistra a destra, un testo, ne facciamo una scansione a partire dal centro, ne diamo una lettura simultanea piuttosto che sequenziale per poi soffermarci sui dettagli che ci colpiscono di più. Mentre su un giornale la lettura è auto-diretta, online è per molti versi etero-diretta grazie all’organizzazione della navigazione, ai segni grafici, alle gallery e, sempre di più, ai “social objects” come le infografiche e i meme. Per questo motivo, avvalersi di “small data”, cioè segnali deboli attraverso i quali un fenomeno può essere letto in modo non superficiale e da prospettive diverse, è una potente leva per la comunicazione social, non solo da parte di soggetti editoriali, ma a disposizione anche di professionisti e aziende che vogliano servirsene.

I lettori su Internet dunque non sono di per sé più distratti, ma hanno più scelta e, per questo motivo, debbono essere coinvolti grazie a segni, contenuti visuali e testi che se non devono produrre forme di click o engagement baiting per non infastidire il lettore e incorrere nelle penalizzazioni degli algoritmi, richiedono però di accompagnare il lettore e, per quanto riguarda i social objects, costituire i “titoli” dei post proprio perché rivestono, come i titoli nei giornali, non il riassunto di quanto scritto nel post, ma il veicolo che desta l’interesse del lettore e lo invita a dedicare il suo tempo a quanto scritto anziché al resto di ciò che è disponibile nel feed.

Perché la gente su Internet non legge?

Chi scrive per il web deve collaborare con chi rilancia i contenuti sui social media e la scrittura per il web stessa non può essere disgiunta dalla professionalità e dalle competenze dell’architetto dell’informazione e da chi, nel design, presta attenzione alla user experience e alla gestione dell’interazione. Se l’architetto dell’informazione riveste un ruolo strategico ed è suo compito individuare e studiare le tipologie di utente a cui il progetto intende rivolgersi e mapparne i bisogni che, lungo la navigazione, debbono essere intercettati, affrontati e soddisfatti, gli user experience e gli interaction designer debbono facilitare e, in una certa misura, guidare i percorsi di navigazione offerti attraverso:

–           le funzioni strutturali del sito, volte ad indirizzare la navigazione e a presentarne i percorsi perché non vi siano frizioni, immaginando l’utente in una modalità “lean-forward”: grazie ai tag dei contenuti e ai link che li correlano, ai motori di raccomandazione e ai filtri di ricerca per farli scoprire, ai messaggi di supporto di e conferma, e sempre con il supporto delle “àncore visive” (grassetti, elenchi puntati, font e dimensioni dei caratteri diversi), l’occhio si appoggerà con più facilità sul testo e si servirà dei suoi stessi bordi non solo come limiti della navigazione, ma come opportunità ulteriori per interagire con il sito o la app;

–           le funzioni narrative che hanno invece il compito di rivolgersi ad un lettore in modalità lean-back perché possa lasciarsi guidare grazie ai testi, ai video in auto-play, agli audio di supporto ed alle tante forme di interattività possibili: i long-form sono un grande esempio della sapienza che sta dietro al design dell’informazione e di cui l’editoria digitale è sempre più ricca.

Come ricorda Luciano Floridi, ci sono tre modi per organizzare un pranzo estivo: una persona invita gli amici e si incarica di cucinare, godendo della loro fiducia ai fornelli. Oppure ciascuno prepara qualcosa a casa e tutti apprezzano il mettere le vivande in comune. Infine si può andare a fare la spesa e poi cucinare tutti insieme: la creazione e la fruizione di contenuti online è sempre più simile a un pranzo realizzato insieme.

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