Focus Live. Di cosa abbiamo parlato nella prima diretta di datamagazine

 Focus Live. Di cosa abbiamo parlato nella prima diretta di datamagazine

Focus Live

Si è tenuto sabato 23 Gennaio il primo appuntamento con Focus Live, la diretta di datamagazine.it che ha avuto come tema “Democrazia e Social Giustizia”. Tanti sono stati gli ospiti che sono intervenuti per dibattere su quanto è avvenuto negli USA con l’attacco al Campidoglio e sulle significative e determinanti scelte dei Social Network a discapito dell’ex Presidente Trump. Ma entriamo nel dettaglio della live.

Diversi sono stati i profili di personalità politiche e non che negli anni hanno ispirato migliaia di seguaci nonché sostenitori, anche ideologici, a seguire e talvolta palesare sentimenti di odio e violenza verso ciò che è contrapposto, ha argomentato il Presidente di PaSocial, Francesco Di Costanzo. A conseguenza di quanto perpetuato nei confronti di Trump però, una parte del popolo del Web emette una definitiva sentenza di condanna nei confronti dei Social, poiché troppo permissivi e poco attenti anche e soprattutto “a chi scrive cosa”. In questo senso tuttavia, il Presidente di PaSocial ha sostenuto quanto sia necessaria una stigmatizzazione, una profonda revisione ed auto-regolamentazione dei social con l’aiuto dei singoli stati che permettano da un lato di sviluppare una cultura digitale e dall’altro sensibilizzare gli utenti nei confronti delle tematiche ideologiche, politiche, economiche ed etiche.

Focus live

Ha concordato con l’intervento anche Simone Bressan, esperto in comunicazione digitale e politica americana, evidenziando il carattere monopolistico ed a-nazionale delle piattaforme. L’auto-regolamentazione di cui si è parlato è, secondo Bressan, di primaria importanza a livello culturale, poiché i regolamenti fino ad ora presentati dai social non hanno scatenato un senso di responsabilità tra gli utenti. Inoltre il potere e la forza che noi stessi abbiamo concesso, dal punto di vista economico e sociale, a piattaforme come Google e Facebook non sarebbero possibili in un qualsiasi settore economico da un’iniziativa privata. Ciò spinge più nello specifico sul dibattito delle libertà concesse e sui limiti delle stesse che ad oggi dovrebbero essere rivisti, non tanto per una questione politica, quanto culturale.

Trattando di libertà vi è una contrapposizione tra libertà di espressione e libertà d’impresa di privati, ovvero le piattaforme, che con il tempo hanno saputo costruire un sistema capace di connettere, a basso costo, un’intera popolazione mondiale dando la possibilità di poter condividere non solo tematiche sociali bensì anche veri e propri business, che ad oggi costituiscono fonte di guadagno per migliaia di imprese nel mondo.

La discrasia nell’interpellare uno dei nostri diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, quale la libertà di pensiero, deriva dall’utilizzo irresponsabile che in molteplici occasioni se n’è fatto ed è proprio da questo spunto di riflessione che Annalisa D’Errico, giornalista, comunicatrice istituzionale ed esperta in educazione digitale, interviene analizzando l’importanza del linguaggio.

Il linguaggio rappresenta un atto identitario, capace di trasformare la realtà” ha sostenuto Annalisa D’Errico, in base a come viene raccontato qualcosa dall’interlocutore che inizia una conversazione ed in base alle percezioni di chi invece assimila determinate informazioni, la realtà che ne viene fuori potrebbe esser stata interpretata in modo ambiguo. Ragione per la quale le fondamenta di un pensiero critico, completo ed efficace devono derivare da un’educazione digitale di cui ad oggi il nostro ordinamento nazionale, ma non solo, è carente. L’esempio di Trump ci ha insegnato come una comunicazione chiara, trasparente nel suo focus ideologico e specifica, che non lasci ad indugiare sul suo significato, ha effettivamente ottenuto dei risultati che seppur estremi ed ingiustificabili fanno emergere che una parte della popolazione americana appoggi il suo pensiero e lo sostenga in modo attivo.

Più focalizzato sull’ambiguità, sia in ambito legislativo che filosofico, è stato l’intervento di Francesco De Filippo, giornalista responsabile Agenzia ANSA FVG, che ha fatto notare la mancanza di chiarezza di alcuni aspetti relativi ai social network. Basti pensare ad esempio alla censura applicata da Facebook (ma non solo) verso determinati contenuti che, totalmente privati del proprio contesto, appaiono come scabrosi, addirittura appartenenti alla raffigurazione pornografica, quando in realtà ci troviamo semplicemente di fronte ad un’opera d’arte (eh sì, è successo con la Sirenetta di Copenaghen, con “L’Origine du Monde” di Gustave Courbet e persino con una foto di un affresco di Pompei). Al contempo però è stato possibile arrivare a coinvolgere milioni di utenti, a loro insaputa, nel noto scandalo di Cambridge Analytica, proprio a causa di una totale mancanza di controllo da parte di Facebook.

Secondo De Filippo, per i loro proprietari, i social rappresentano un profitto, questo non dobbiamo dimenticarlo, per loro sono “solo” business ed è giusto così, però in qualche modo vanno regolamentati visto che, per anni, hanno dovuto farlo da soli trovandosi ad agire sostanzialmente in un ampio spazio vuoto dal punto di vista normativo. Quanto accaduto in America dovrebbe rappresentare l’occasione storica per riportare queste piattaforme all’interno dell’ambito del diritto pubblico.

A questo punto, pensare di creare un linguaggio universale per i social che segua determinate policy di comportamento risulta pressoché impossibile, però una delle soluzioni avanzate durante questo Focus è stata quella di stipulare un regolamento universale, uguale per tutti e condiviso da tutte le nazioni, che metta al centro il dibattito tra gli utenti in modo rispettoso e responsabile. Si parla quindi di libertà responsabile, con la quale si possa sempre perseguire la politica del business nell’avere una polarizzazione tra le parti attraverso l’engagement, ma in un modo più autentico e corretto.

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